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Riconoscere e spezzare la cosiddetta Spirale della violenza

Merita a questo punto un accenno spiegare quale sia la cosiddetta spirale della violenza, il meccanismo di sviluppo della stessa.

La ‘spirale della violenza’ è spesso esplicata attraverso la c.d. ruota del controllo e del potere (Domestica abuse intervention project – Minnesota), poiché detti sono gli elementi della stessa in un continuumciclico e perpetuo. 

Il ciclo della violenza prende le mosse dalla volontà di dominare, subordinare e sottomettere l’altro, mantenendone il controllo, con episodi ciclici ed imprevedibili, dapprima più sporadici e via via più frequenti, tendenzialmente ma non necessariamente in spirale di gravità crescente. L’agente (nell’oltre il 90% dei casi ‘uomo’) avvia detto ciclo con una prima fase d’intimidazione, volta a spaventare la vittima con sguardi, azioni, parole, gesti, via via più espliciti fino all’insulto, all’umiliazione, colpevolizzazione e manipolazione, e verso l’isolamento della vittima. Spesso sono fornite giustificazioni colpevolizzanti la vittima e decolpevolizzanti l’aggressore (es. gelosia). Questi episodi sono minimizzati o addirittura negati dall’autore, che ne sposta la responsabilità sulla vittima (es. ’guarda cosa mi hai fatto fare!’) e detta colpevolizzazione può coinvolgere i bambini, usati come veicolo o mezzo, fatti oggetto di minaccia. In questo meccanismo s’insinuano e vengono richiamati ed utilizzati stereotipi di genere del quale la nostra cultura è impregnata, sulla dominanza e superiorità maschile (con conseguente inferiorità  e subordinazione femminile).

La donna così indebolita, prostrata ed isolata può divenire oggetto di violenza economica di modo da essere privata della sua autonomia e da incidere ulteriormente alla sua possibilità di autodeterminazione. 

Fino all’uso della violenza fisica in ogni sua forma ed in alcuni casi spinta fino alle estreme conseguenze.

Tale spirale segue solitamente a sua volta un più ampio andamento ciclico costruito sullo schema della tensione: creazione del conflitto – abuso / aggressione – negazione / minimizzazione / pentimento / riconciliazione – costruzione nuovo conflitto…

La violenza non è mai o quasi mai dovuta ad un raptus. La violenza non è mai dovuta all’amore, sono termini che si trovano agli antipodi del vocabolario poiché non dovrebbero mai trovarsi in alcuna forma di prossimità. La violenza non è sempre immediatamente riconoscibile o scoperta. La violenza non è collegata a status sociali o culturali, né dell’autore né della vittima, è del tutto trasversale. La violenza non ammette scuse o giustificazioni alcune. La violenza può essere studiata nelle sue radici culturali, sociali, psicologiche e criminologiche al fine di essere riconosciuta, prevenuta, impedita, perseguita; affinchè le vittime siano aiutate nel percorso di uscita da detta condizione, sostenute e protette, le loro ferite per quanto possibile curate; affinchè gli agenti siano individuati, fermati, perseguiti e recuperati. Aver subito violenza non è mai considerabile ‘normalÈ o ‘giustificato’, aver subito violenza è un trauma profondo da riconoscere ed affrontare.

Detti concetti e comportamenti, sebbene culturalmente e socialmente risalenti nel tempo al punto da essere fossilizzati nel tessuto sociale, al punto da essere per anni stati resi in qualche modo ‘accettabili’, hanno necessitato negli ultimi decenni di essere riportati alla luce dell’opinione pubblica, della politica e del diritto affinchè si potesse riconoscere pienamente il loro disvalore, la loro dimensione criminale, la loro diffusione, la loro perseguibilità, la necessità di una rivoluzione sociale, politica e culturale del quale la rivoluzione criminologica e giuridica sia strumento e manifesto.

È stato paradossalmente necessario che la Convenzione di Istanbul ricordasse e cristallizzasse i doveri e le responsabilità statali nella prevenzione della violenza, nella protezione delle vittime e nel perseguimento degli aggressori; ma molto è stato fatto, di più è da fare, soprattutto a livello di destinazione delle risorse, di prevenzione e formazione specializzata degli operatori (tutti, dai magistrati, avvocati, operatori di pronto soccorso, medici, psicologi, assistenti sociali, insegnanti, istituzioni, operatori dei centri specializzati,…), affinchè sia avviata ed incrementata l’indispensabile rivoluzione culturale al quale si affianchi il supporto e la protezione di una completa, organica e compiuta disciplina giuridica sostanziale e processuale.

Si segnalano, in chiusura, non potendo in questa sede richiamare tutti gli operatori attivi in Regione, l’interessante evento formativo organizzato e tenuto da Auxilia O.N.L.U.S. a giugno di quest’anno, ‘Contro la violenza di genere. Un faro per trovare la via’, nella speranza che altri ne seguano sempre più frequentemente e sempre più in sinergia tra diversi soggetti coinvolti, ciascuno per la propria professionalità; nonché lo specifico servizio offerto dal Comune di Udine ‘Zero Tolerance’, operante nell’ottica dell’azione sinergica cristallizzata nello specifico Protocollo del 2013 di collaborazione anche con l’Ordine degli psicologi e degli avvocati, l’Azienda Sanitaria, la Prefettura,  nonché con la Procura ed il Tribunale di Udine. Si segnala, in coda, la neonata ma interessante piattaforma on-line www.chaynitalia.org

avv. Maddalena Bosio

Luglio 22, 2016

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