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Negli ultimi quarant’anni la condizione sociale e giuridica della famiglia è stata al centro di una continua rivoluzione copernicana, in una costante rincorsa, come forse in nessun altro ambito, di adeguamento del diritto al mutare del sentire sociale, morale, etico e non esclusivamente viceversa.

Ed ecco che in pochi decenni si è passati da un concetto giuridico di famiglia ‘parentale’ (come società naturale allargata a parenti ed affini) e ‘patriarcale’ (in cui la figura paterna dirigeva la vita familiare e godeva di un trattamento privilegiato rispetto agli altri componenti, tanto in ambito civile che penale) alla maggior centralità della famiglia ‘nucleare’ (circoscritta alla coppia ed eventuali figli) e paritaria (nella quale ogni individuo gode di pari dignità, diritti e doveri, come singolo e come parte del nucleo familiare). Anche il diritto, quindi, ha spostato progressivamente l’asse d’osservazione sulla famiglia portandolo dalla famiglia intesa come nucleo basato sull’indissolubilità del legame rigidamente matrimoniale (e quindi statico) ed allargandolo ai componenti della famiglia, portando in prima fila i diritti dell’individuo, fondamentali ed inviolabili, per poi calarli nell’ambito della società naturale e farli interagire con essa.

Il “Diritto di famiglia” diviene in questo modo progressivamente il “Diritto di Famiglia e delle Persone, delle Relazioni Familiari”, fino all’affermazione di un vero e proprio diritto al rispetto della vita familiare che non si atteggia più sotto il solo profilo negativo della ‘non ingerenza’, ma viene affiancato dal profilo positivo dell’individuazione e concretizzazione di strumenti volti a garantire il godimento e l’esercizio di tale insieme di diritti (e doveri) e del loro coordinamento con i diritti inviolabili.

Ed allora giuristi e legislatori sono stati e sono chiamati, ad esempio, a riconoscere e difendere il diritto alla creazione ed allo scioglimento del legame, regolandolo, alla creazione di nuove forme di famiglia e vincoli familiari con pari dignità e separando la morale (che per definizione è soggettiva) dai diritti (oggettivi) – basti pensare alla famiglia di fatto, eterosessuale o omosessuale, alle unioni civili, alla famiglia monogenitoriale, alla uniformazione dell’universale status di figlio, fino a scendere ancor più nel particolare verso i diritti dei componenti del nucleo familiare alla parità, non discriminazione, protezione, autodeterminazione, rispetto e sostegno delle inclinazioni naturali, assistenza morale ed economica, i diritti procreativi (o non procreativi), il diritto ad essere protetti dai componenti maltrattanti (fisicamente o psicologicamente), il diritto ad essere ascoltati dei figli, anche minori ed in tenera età…

Non ci si è potuti più limitare al riconoscimento ed alla disciplina della crisi della famiglia, assistendo i coniugi in percorsi spesso altamente conflittuali (soprattutto se pensiamo all’eziologia dell’istituto dello scioglimento del nucleo familiare, considerata a lungo una extrema ratio criticabile anche socialmente, per cui fino a una manciata di decenni fa era meglio ‘non dire d’esser divorziati’), ma si è dovuto volgere lo sguardo ad apprestare strumenti e garanzie adeguati e, quando necessario, a guidare l’evoluzione sociale, fin anche ad essere pionieri della stessa (pensiamo all’evoluzione che possiamo osservare negli ultimi anni o giorni!), chiudendo, pertanto, il cerchio.

Questa evoluzione sociale e giuridica ha reso sempre maggiormente protagonista anche il professionista legale, l’avvocato, chiamato non più e non solo nella fase della patologia del legame familiare e nell’assistenza alle parti nella separazione o nel divorzio oppure in caso di alta conflittualità o situazioni maltrattanti, ma coinvolto anche a prestare la sua opera nelle fasi costitutive della relazione, della fisiologica gestione del nucleo (sia dal punto di vista patrimoniale che non), dell’accompagnamento nella consapevolezza della propria identità di famiglia (anche ‘non tradizionale’) e nella tutela dei figli; fino ad essere chiamato ad assistere i procedimenti volti a divenire figli (adozione) o essere riconosciuti tali, a divenire ed essere genitori, a generare (tecniche di procreazione medicalmente assistita), a non generare (interruzione di gravidanza), ad essere ascoltati in quanto persone e figli, e fino ad arrivare al componimento, ove possibile, meno conflittuale dei conflitti (nascita del cd. diritto collaborativo).

Il cammino è certamente lungo (e qui in pillole semplificato) ma nel frattempo… ‘piacere di conoscerci!’

avvocato Maddalena Bosio

Maggio 30, 2016

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