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Nelle precedenti uscite avevamo introdotto il “principio di sicurezza” come un sentimento che non consiste semplicemente nell’assenza di malessere o angoscia, ma di un’affetto di base che ci guida in qualsiasi momento e il bisogno di mantenere costante questo sentimento implica che qualsiasi stimolo o desiderio che crea un conflitto all’interno dell’apparato psichico viene sacrificato in favore del bisogno di mantenere un sufficiente livello dello stato di sicurezza.

Sandler lo esprime in questo modo:

Vorrei suggerire l’ipotesi che il successo nell’attività di integrazione sensoriale non provoca solo una riduzione dell’angoscia, ma concorre allo stabilirsi, all’interno dell’Io, di un sentimento di base, che si potrebbe definire come sentimento di essere in salvo o al sicuro. Si tratta, vorrei sottolinearlo, di un vero e proprio sentimento (non necessariamente cosciente) che sta all’angoscia come lo stato di sazietà e di soddisfazione fisica sta alla tensione pulsionale. Dal punto di vista genetico questo sentimento può considerarsi un derivato delle primissime esperienze di tensione e soddisfacimento; è un sentimento di benessere, una sorta di tono dell’Io. È qualcosa di più che non la semplice assenza di angoscia, è l’espressione, a mio avviso, di una caratteristica fondamentale dell’essere vivente, che lo distingue dall’inanimato. È un sentimento che per la sua qualità possiamo contrapporre allo stato affettivo dell’angoscia, che ne è il polo opposto.”

I traumi, il pericolo e l’angoscia, di qualsiasi origine, possono quindi ridurre il livello di sicurezza, da cui deriva l’importante considerazione che allo scopo di ridurre l’angoscia l’Io metterà in atto quelle misure difensive che servono ad innalzare il livello di sicurezza, come anche il sovrainvestimento di determinate fonti di stimolazione col fine di produrre percezioni sicure. Sempre Sandler lo evidenzia sia nei comportamenti normali che in quelli disfunzionali:

Riscontriamo tale sovrainvestimento in molti comportamenti che chiamiamo regressivi, in alcuni fenomeni normali quali gli oggetti transizionali e i portafortuna, e in modo particolarmente evidente in certe manifestazioni psicotiche. Mi riferisco alle bizzarrie di postura e alle stereotipie di movimento che si riscontrano in certe forme di schizofrenia, cui possiamo forse aggiungere fenomeni quali l’ecolalia e l’ecoprassia. Questi sintomi si possono, almeno in parte, intendere come tentativi di elevare il livello del sentimento di sicurezza stabilendo all’interno del frammentato Io psicotico una fonte sicura di percezioni stabili, consistente in rappresentazioni integre di oggetti, di cose o di movimenti. L’aumento di livello del sentimento di sicurezza si produce mediante il sovrainvestimento di poche ma sicure percezioni residue.”

Il mantenimento di uno stato affettivo di benessere rappresenta un’importante spinta motivazionale per la persona, tanto nel bambino piccolo quanto nell’adulto la ricerca del benessere è altrettanto importante quanto il piacere, anche se i due affetti non sono per nulla identici e spesso si può osservare un conflitto fra di essi.

Lo stato di benessere può essere raggiunto quando l’individuo ha una rappresentazione del Sé sufficientemente coesa ed integrata con gli ideali che gli sono stati trasmessi o che ha in qualche modo acquisito (anche difensivamente) durante il proprio sviluppo. Per mondo rappresentazionale dobbiamo intendere le immagini che il bambino crea e organizza come una struttura di codificazione e decodificazione della realtà, a partire dalle percezioni, sia di quelle esterne che quelle che provengono dal suo interno e che sono rappresentate da stimoli e fantasie di desiderio, o anche da soluzioni al conflitto fra contrapposti desideri.

I sentimenti di benessere si localizzano nella rappresentazione di Sé e la rappresentazione del Sé che può dare il massimo grado di benessere corrisponde alla forma desiderata del Sé in un dato momento, cioè la sua forma ideale, quando abbiamo la percezione di uno stato in cui stanno in equilibrio ciò che aspiriamo ad essere e ciò che percepiamo nella nella nostra rappresentazione. Quando ci troviamo di fronte ad una discrepanza fra lo stato percepito del sé e la sua rappresentazione ideale la conseguenza sarà uno stato doloroso di abbassamento della propria autostima Si chiarisce, quindi come il dolore sia espressione di uno sfasamento fra lo stato attuale e quello desiderato del Sé, che vuol dire che l’immagine desiderata del Sé non è confermata dalla percezione che deriva dalle fonti esterne e che quindi esiste una discrepanza tra lo stato ideale e la situazione esistente nella sua realtà. Quando ci si riferisce ad uno stato ideale dobbiamo intenderlo come uno stato di benessere, che fondamentalmente è uno stato affettivo che si raggiunge quando le strutture biologiche e psichiche della persona funzionano in maniera armonica e corrispondentemente alle necessità dell’individuo e che si collega in maniera stretta con i sentimenti di salute e di sicurezza, in opposizione ai sentimenti di dolore, di angoscia e di disagio.

Nella tradizione medica il termine dolore è riferito ad un’esperienza spiacevole che riguarda il corpo. Nell’ambito di un modello psicologico il dolore riferito al corpo viene considerato come un particolare caso di dolore che si accompagna al contenuto ideativo di un danno corporeo, esistente o immaginato. Esso ha una qualità emotiva che non riguarda solo il dolore fisico, ma rappresenta un aspetto comune a tutti gli stati affettivi che comportano uno stato di sofferenza. Nell’esperienza del dolore fisico, i cui sentimenti spiacevoli sono collegati all’idea di un danno fisico, il dolore è conseguente ad una discrepanza ideativa tra l’immagine che l’individuo ha del proprio corpo danneggiato, da una parte, e la rappresentazione di quello che l’individuo considera come un corpo intatto, ben funzionante, desiderato, dall’altra. Si viene a stabilire un conflitto fra l’immagine attuale del proprio corpo e l’immagine ideale, quella desiderata, del proprio corpo. La rappresentazione del Sé ha una connotazione più ampia di quello di schema corporeo e include anche le rappresentazioni della persona in quanto essere psicologico e sociale, oltre che includere le immagini del suo essere fisico.

Sandler lo afferma sostenendo che:

Se accogliamo l’idea che l’Io funziona per mantenere un sentimento positivo di benesse –re del Sé, dobbiamo allora pensare che qualsiasi esperienza di dispiacere (quindi non solo quelle che vengono mosse dalle spinte pulsionali N.d.C.) metta in moto le funzioni adattive e difensive degli apparati dell’Io.”

dott. Luciano Rizzi, psicoterapeuta

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Agosto 9, 2016

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